Sabato 25 gennaio alle ore 10:30 - Presentazione del volume "Orchidee spontanee e paesaggio vegetale nella Provincia di Rimini. Distribuzione e iconografia"

Sabato 25 gennaio alle ore 10:30, presso la Provincia di Rimini, in C.so d' Augusto, 221, Sala del Buonarrivo, verrà presentato il volume Orchidee spontanee e paesaggio vegetale nella Provincia di Rimini. Distribuzione e iconografia, realizzato dal WWF Rimini con il contributo della Provincia di Rimini.

La pubblicazione, di 170 pagine, costituisce l'esito di oltre 5 anni di ricerca condotta nell' ambito delle attività dell' Associazione WWF Rimini, in collaborazione con l' Assessorato all' Ambiente, Energia e Politiche per lo sviluppo sostenibile della Provincia di Rimini.
L' autore, il prof. Loris Bagli, biologo, docente in discipline scientifiche, referente tecnico dell' Oasi WWF Ca' Brigida di Verucchio, ha esplorato sistematicamente il territorio provinciale avvalendosi della collaborazione di diversi volontari, in primis dei componenti delle Guardie Ecologiche Volontarie della Provincia di Rimini.
Sono state censite 41 specie appartenenti a 16 generi e quattro forme ibride, trattate in singole schede. Introducono i capitoli riguardanti i motivi alla base della ricerca, dal mito alla scienza e usi pratici, l' inquadramento territoriale, il clima e il bioclima, le forme del paesaggio, la vegetazione e le orchidee, la storia delle conoscenze orchidologiche, gli obiettivi e la metodologia della ricerca.

Il volume entra a far parte delle pubblicazioni edite dal WWF Rimini e può essere richiesto inviando una mail a biblioteca_cda_wwfrn@libero.it, oasi_cabrigida_wwfrn@libero.it oppure wwfrimini@libero.it . E' previsto un contributo minimo di 10,00 euro più eventuali spese di spedizione.
 

Censimento orchidee nella Provincia di Rimini

Con l'arrivo della primavera riprenderà la caccia alle orchidee.

Chi fosse interessato a partecipare segnalando i propri ritrovamenti contribuirà ad ampliare le conoscenze sulla distribuzione di questa famiglia, con importanti riflessi di ordine conservazionistico.

E' molto importante conoscere la loro distribuzione nelle aree protette in genere, zone SIC e ZPS.

Ricordiamo che la ricerca procede sotto l'egida dell'associazione, che contribuirà poi alla divulgazione dei risultati, dove tutti i collaboratori, a qualsiasi titolo e apporto fornito, saranno citati.

Alleghiamo le schede di rilevamento e copia dell'articolo dove il Prof. Loris Bagli riassume i primi risultati.

In ogni caso è sufficiente segnalare il sito di ritrovamento e la specie, integrando se possibile con due foto, la pianta intera e un primo piano del fiore.

Il Prof. Loris Bagli resta a disposizione per un aiuto nel caso in cui non si riesca a determinare la specie e per ogni necessità del caso.

L'articolo è tratto da:

Bagli L., 2010, Le Orchidee spontanee della Provincia di Rimini. Primi risultati di un progetto di ricerca. In: XX Settimana della cultura scientifica, 18-24 Ottobre 2010. Assisi, Bastia Umbra, S.Maria degli Angeli. Riassunti delle comunicazioni. GUMP Assisi; ITIS â¿¿Marco Polo, S. Maria degli Angeli. Sibem, Bastia Umbra (PG), pagg. 36-39.

Piante aliene in provincia di Rimini

Chiediamo se qualcuno ha visto lungo il Marecchia (greto, zone umide in genere, cespuglieti) o in altri luoghi naturali la vistosa pianta della foto (Cortaderia selloana), una graminacea sudamericana comune in parchi e giardini, che sta colonizzando il Riminese. Serve per una ricerca sulle piante aliene del Prof. Loris Bagli 

La flora dei castagneti dei Monti Pincio e Perticara
Uno scrigno di biodiversità vegetale
testo e foto a cura del Prof. Loris Bagli - Associazione WWF Rimini onlus
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Osservando il paesaggio della media Valmarecchia da un punto panoramico privilegiato come ad esempio la rocca di Montebello, si nota un territorio tormentato, dalla morfologia complessa, ampi tratti boschivi, alternanze geometriche di coltivi e siepi di antica tradizione, castelli e borghi mirabilmente collocati lungo i due versanti.
I castagneti si celano tra le pieghe del paesaggio, appartati, talvolta sovrastati da pareti rocciose, affioranti come isole dalla vegetazione boschiva spontanea che, negli ultimi decenni, ha subito un notevole incremento in estensione.
La loro distribuzione è caratteristica in quanto legata a definite esigenze microclimatiche e di suolo.
Il castagno è legato a suoli sciolti, profondi, permeabili e freschi, moderatamente acidi o neutri, impostati in genere su arenarie, calcareniti o terreni marnoso-arenacei. E’ assente su suoli decisamente calcarei. Il carattere mesofilo della specie fa sì che la combinazione di tali elementi edafici, con una adeguata e costante disponibilità idrica assicurata dalla esposizione settentrionale dei versanti, consenta una distribuzione limitata a settori circoscritti.
E’ il caso dei castagneti del complesso Monte Pincio-Monte Perticara, dove troviamo nuclei di varia estensione sia sui ripidi versanti ormai prossimi alla vetta del Pincio che alla base del Perticara, dove le pendenze sono ormai decisamente attenuate e i versanti accessibili.
Il castagno ha subito negli ultimi due millenni con alterne vicende una tale diffusione ad opera dell’uomo da rendere complesso risalire all’areale di origine della specie. Su questo problema le posizioni dei botanici differiscono. E’ certo che il castagno era presente nell’Era Terziaria o Cenozoico, in una Italia profondamente diversa dall’attuale. Foglie fossili sono state rinvenute, per citare un sito vicino, nei sedimenti di età Messiniana (tra 5 e 7 milioni di anni fa) di Monte Castellaro, presso Pesaro. La glaciazione quaternaria di Würm, terminata attorno a 10.000 anni fa, sembra aver determinato la scomparsa della specie dall’Italia settentrionale, mentre è probabile una permanenza nell’Italia meridionale. Si assume come certa invece la sua sopravvivenza nell’area balcanica. Da studi di paleobotanica basati sull’analisi del contenuto pollinico dei sedimenti, si è ricavato che attorno al 1000 a.C. nell’Italia centrale si registrava una presenza di pollini di castagno pari all'8% del totale della flora arborea.
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La diffusione per opera umana ebbe inizio con gli antichi Greci ma la fortuna del castagno è iniziata in età Romana. Ciò è confermato anche dalla percentuale pollinica, incrementata sostanzialmente durante l’espansione dell’Impero romano, fino a raggiungere valori molto elevati all'inizio dell'era cristiana.
I Romani apprezzavano in larga misura il frutto come anche il legno. Dagli Etruschi appresero tra l’altro l’uso di farne sostegni per le viti.
I Romani trasferirono la pianta in varie aree del Mediterraneo, dalla Sardegna alle regioni d'Europa a nord delle Alpi, in territori dal clima meno favorevole.
In età medievale gli ordini monastici incentivarono costantemente la coltivazione del castagno, sia come fonte alimentare che come risorsa legnosa. Per la valle del Conca è nota una vasta documentazione relativa alle pergamene medievali del monastero benedettino di San Gregorio in Conca di Morciano, in cui le selve castanili sono ricorrentemente citate.
Il castagno è in assoluto tra gli alberi europei più longevi. Alto 20-25 metri, ma può raggiungere i 35, a foglie caduche, i tronchi assumono talora dimensioni imponenti, in grado di sostenere una chioma espansa e ramificata.
La pianta è monoica ovvero uno stesso individuo presenta sia fiori maschili che femminili. Le infiorescenze maschili sono formate da spighe di 10-20 cm di color giallo-verdastro. Quelle femminili da fiori singoli o riuniti a gruppi di 2-3, alla base delle infiorescenze maschili. La fioritura si ha in piena estate. L'impollinazione puo' avvenire per azione del vento (anemofila) o per azione di insetti (entomofila). Di particolare importanza la funzione delle api, dalle quali si ricava il tipico miele.
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Il castagno è tra le specie forestali più ampiamente distribuite in Italia, in ambienti mediterranei e submontani. E’ presente in tutte le regioni e nelle Isole, nell’Appennino e alla base delle Alpi, con una distribuzione altimetrica notevole, tra i 100 metri s.l.m. del Nord ed i 1.500 metri della Sicilia.
La sopravvivenza del castagno è stata posta a dura prova da ondate di parassitosi di natura fungina. Tre le più importanti crittogame associate a questa specie, Phytophthora cambivora e, in tempi più recenti, Phytophthora cinnamoni, agenti del mal dell'inchiostro, e Cryphonectria parasitica, agente del cancro del castagno. A questo nobile albero non mancano altri parassiti; insetti fitofagi quali il balanino delle castagne, tra i lepidotteri la tignola del castagno, la carpocapsa delle castagne e il bombice dispari. Dal 2002 è presente in Italia anche il cinipide galligeno del castagno originario dell'Estremo oriente.
I castagneti del nostro teritorio, ma il discorso è generalizzabile, si presentano sotto vari aspetti. Si va da cedui giovani o invecchiati, i cui fini sono legati essenzialmente alla produzione di legname, a fustaie da produzione (marroni, castagne), più o meno curati, dove accanto a individui plurisecolari si notano piante giovani destinate a sostituire quelle morte o deperienti. Non è raro notare nei castagneti da frutto grandi ceppaie, eloquenti resti di vetusti individui che hanno terminato il loro ciclo vitale.
Ciò che determina la sopravvivenza dei castagneti sono le azioni colturali. La natura artificiale delle selve castanili obbliga tra l’altro alla conduzione di appropriati interventi di sfalcio periodico del sottobosco. Non si tratta, come potrebbe sembrare di primo acchito, di una azione utile alla sola agevole raccolta dei frutti. In assenza di interventi si verificherebbe a breve termine una intensa colonizzazione da parte della Felce aquilina (Pteridium aquilinum), nei punti più umidi anche dell’Equiseto (Equisetum telmateja). La felce è una costante accompagnatrice del castagno in virtù di analoghe esigenze trofiche. Sembra anzi che in passato i popolamenti di questa felce venissero utilizzati per localizzare i luoghi idonei a nuove piantagioni.
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In assenza di controllo e a maggior ragione di perdurante abbandono, si attuerebbe poi un ingresso graduale ma inesorabile di specie forestali caratteristiche della fascia in cui il castagneto è situato, con l’esito a lungo termine della scomparsa completa dei castagni e la riaffermazione del bosco circostante o più adatto al luogo.
Tale processo è alla base della scomparsa di numerosi antichi castagneti, la cui esistenza è oggi verificabile unicamente sulla base di documenti di archivio.
Possiamo affermare che i castagneti maggiormante curati a fini produttivi, ovvero quelli che subiscono uno sfalcio del sottobosco in periodo precedente la caduta dei frutti, sono quelli più ricchi di flora nemorale, in quanto lasciano l’intero periodo primaverile-estivo alla indisturbata crescita e riproduzione delle piante erbacee spontanee. Il valore botanico incrementa sensibilmente quando i residui dello sfalcio ma anche delle potature e i ricci delle castagne vengono asportati, lasciando il più ampio spazio alle piante che sul terreno libero da ostacoli si concentrano in gran numero e varietà di specie. Nei casi in cui le azioni ricordate non avvengano, il valore floristico dei castagneti diminuisce drasticamente.
Il castagneti secolari racchiudono chiari significati paesaggistici ed estetici, costituiscono rari esempi di boschi annosi confrontabili solo con le più vetuste faggete appenniniche, esprimono una diversità floristica e faunistica grazie alla loro natura storicizzata e alle cure cui devono essere regolarmente sottoposti. Per questi motivi la castanicoltura da frutto costituisce un raro esempio di elevata compatibilità tra attività produttive ed esigenze di conservazione della biodiversità.
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Il rilievo Pincio-Perticara, per i valori naturalistici e ambientali, è stato di recente inserito all’interno di un territorio riconosciuto come Sito di Interesse Comunitario (SIC) e Zona di Protezione Speciale (ZPS), denominato “Rupi e Gessi della Valmarecchia”. L’istituzione formale ha seguito specifiche direttive della Comunità Europea che, in tal modo, colloca il valore di questo territorio su un piano sovranazionale. Nello specifico, la Direttiva “Habitat” del 1992, finalizzata alla tutela di una serie di habitat e di specie animali e vegetali particolarmente rari indicati nei relativi Allegati I e II, prevede che gli Stati dell'Unione Europea contribuiscano alla costituzione della rete ecologica europea Natura 2000 in funzione della presenza e della rappresentatività sul proprio territorio di questi ambienti e delle specie, individuando aree di particolare pregio ambientale denominate Siti di Importanza Comunitaria (SIC). Esse affiancano le Zone di Protezione Speciale (ZPS), previste dalla Direttiva del 1979, denominata "Uccelli".
Con il passaggio dei comuni della Valmarecchia alla Provincia di Rimini, l’area individuata dalla Regione Emilia-Romagna concentra nello stesso SIC-ZPS i precedenti SIC individuati dalla Provincia di Pesaro di Monte della Perticara - Monte Pincio, Calanchi di Maioletto e ZPS Esotici della Valmarecchia, complessivamente 2526 ettari, modificandone il perimetro ed espandendo l'area verso settentrione alla rupe di San Leo e ai rilievi di Monte San Severino e Monte Gregorio, fino a Montefotogno. Si pensi che nel SIC sono compresi 16 diversi habitat d'interesse comunitario, dei quali 6 prioritari, per oltre il 50% del territorio, con prevalenza per i tipi forestali e prativi.
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Veniamo ora in dettaglio alla flora.
In rapporto alla successione dei mesi in cui le piante compiono il loro ciclo vitale, l’immagine del sottobosco può mutare radicalmente. Le rade fioriture precoci di Febbraio e Marzo lasciano il posto alla esplosione di colori di Aprile e Maggio, proseguendo con una alternanza di molte specie fino a Giugno, per diminuire di intensità durante la piena estate.
Proponiamo una breve disamina della ricca messe di specie presenti, ponendo l’accento sulle più vistose o interessanti. Un certo numero di esse è protetta dalla legge N.2 del 1977 della Regione Emilia-Romagna. E’ norma essenziale però rispettare ogni pianta, non solo per la magra soddisfazione di asportare un fiore che avrà breve e misera vita in un vaso, ma per non danneggiare inconsapevolmente specie rare o di particolare significato naturalistico. Il modo migliore per portare con sé un fiore è coglierne una immagine fotografica, prolungandone la bellezza ben oltre il breve tempo della stessa esistenza.
Le prime macchie di colore nel tardo inverno e all’inizio della primavera si devono ad alcune specie diffuse e note quali la Primula comune (Primula vulgaris), la viola silvestre (Viola reichembachiana), il ciclamino primaverile (Cyclamen repandum). Il corredo delle piante precoci comprende l’Erba trinità (Hepatica nobilis), la Polmonaria (Pulmonaria apennina), dalle tipiche foglie macchiate di bianco, l’Elleboro di Boccone, (Helleborus bocconei), detto anche “Rosa di Natale” per la fioritura tardo invernale, l’Erba limona (Melittis melissophyllum), la Scilla (Scilla bifolia), dai piccoli fiori bluasti, la Cicerchia veneta (Lathyrus venetus), e il Latte di gallina a fiori giallastri (Ornithogalum pyrenaicum), una esile e slanciata liliacea.
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La fioritura delle orchidee spontanee si identifica con l’avvento della primavera. Veri gioielli botanici, stabiliscono una forma di simbiosi con le ife fungine del suolo per la germinazione e la crescita, presentano un aspetto variabilissimo e una estrema specializzazione riproduttiva. I castagneti costituiscono ambienti favorevoli per alcune specie che qui si concentrano in modo notevole. Essi vengono localmente invasi dalla Orchidea macchiata (Dactylorhiza maculata subsp. fuchsii), il nome si deve alle inconfondibili foglie maculate. Sorprende il loro elevato numero e l’impatto di colore che esse offrono, così come avviene per la profumata e vistosa Orchidera delle zanzare (Gymnadenia conopsea), che mostra una lunga spiga densa di piccoli fiori rosa-violacei. Ancora tra le Orchidee Possiamo rinvenire la Platantera bianca (Platanthera bifolia), dalle due foglie basali, e la bellissima Cefalantera rossa (Cephalanthera rubra), orchidea dei querceti misti collinari e montani.
Sulle sparse rocce affioranti tra i grandi castagni, quasi delle rupi in miniatura, trovano opportunità di insediamento alcune piantine “grasse” come la Borraccina bianca (Sedum album), dalle dense fioriture bianche, e diverse felci. Tra queste ricordiamo il Falso capelvenere (Ceterach officinarum), il delicato Asplenio tricomane (Asplenium trichomanes), la Felce dolce (Polypodium vulgare) e la rara Lingua cervina (Phyllitis scolopendrium). Più localizzata la Sassifraga a foglie rotonde (Saxifraga rotundifolia), dal vistoso scapo fiorifero.
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Nel rigoglio primaverile e di inizio estate il suolo del castagneto è ricoperto da una notevole diversità di specie.
Tra le glorie estetiche campeggiano in primo piano il Giglio rosso (Lilium bulbiferum subsp. croceum) e il Giglio martagone (Lilium martagon), il primo diffuso nei boschi chiari e nelle praterie; il secondo legato a boschi più freschi e montani.
Di impatto estetico sono anche le campanule. Sono almeno tre le specie osservabili nel castagneto: la elegantissima Campanula a fiore di pesco (Campanula persicifolia), il comune Raperonzolo o Campanula commestibile (Campanula rapunculus) e la Campanula agglomerata (Campanula glomerata).
Possiamo citare alcuni vistosi trifogli quali il Trifoglio dei prati (Trifolium pratense) e il bellissimo Trifoglio rosseggiante (Trifolium rubens).
Entità floristiche di tutto rilievo sono il Veratro nero (Veratrum nigrum), pianta che tende ad addensarsi nei castagneti, dalle ampie foglie basali e dall’alto scapo recante numerosi fiori rosso- nerastro, e il bel Giaggiolo susinario (Iris graminea), raro, a distribuzione centro-settentrionale.
Alle Dentarie appartengono la Dentaria minore (Cardamine bulbifera), dai tipici bulbilli all’ascella delle foglie, e la Cardamine di Kitaibel (Cardamine kitaibelii).
All’interno dei castagneti alla base del Monte Perticara, le emrgenze rocciose sono contornate da superfici con scarso suolo. Troviamo qui il magnifico Garofano di bosco (Dianthus monspessulanum), di un rosa tenue e dagli inconfondibili petali sfrangiati.
Tra le tante specie disperse tra i castagni ricordiamo ancora il Pigamo colombino (Thalictrum aquilegifolium), pianta alta, appariscente in fioritura; i fiordalisi tra i quali il Fiordaliso nerastro (Centaurea nigrescens) e la Centaurea di Trionfetti (Centaurea triumfetti).
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Può sorprendere imbattersi in un asparago nel fresco sottobosco del castagneto. Si tratta del non comune Asparago selvatico (Asparagus tenuifolius), specie dei boschi submediterranei, diverso dal comune asparago ricercato a scopo alimentare, legato ad ambienti caldi e assolati. L’Iperico è rappresentato dalla comune Erba di S. Giovanni o Erba delle streghe (Hypericum perforatum), e dalla più rara Erba di San Giovanni montana (Hypericum montanum).
Il Sigillo di Salomone maggiore (Polygonatum multiflorum), pianta alto-collinare e montana, si nota per la sequenza di foglie opposte lungo il breve fusto ricadente.
La Mazza d'oro punteggiata (Lysimachia punctata) produce vistosi fiori gialli. Si concentra lungo le carraie ma può insediarsi negli angoli più luminosi del castagneto.
Altre specie rinvenibili sono l’Euforbia bitorzoluta (Euphorbia dulcis), il Vincetossico comune (Vincetoxicum hirundinaria) e la Lattuga montana (Prenanthes purpurea), dai piccoli fiori rossi.
Molto comune è il Geranio nodoso (Geranium nodosum), dei boschi mesofili; più localizzata l’ Erba amara dei boschi (Tanacetum corymbosum). Di ambienti aperti è il Centauro maggiore (Centaurium erythraea), penetra comunemente nei castagneti, mentre l’Erba betonica (Stachys officinalis) può trovarsi anche in boschi più caldi.
Concludiamo con tre appariscenti piante appartenenti alla famiglia delle Ombrellifere. Si tratta del Laserpitio (Laserpitium latifolium), dell’ Angelica selvatica (Angelica sylvestris) e del Panace comune (Heracleum sphondylium). Le ultime in particolare raggiungono notevoli dimensioni, dominando il basso strato erbaceo.
Come si deduce da questa sintetica rassegna, il sottobosco dei castagneti sottoposti a corrette cure colturali è in grado di ospitare un numero elevato e differenziato di specie floristiche provenienti da ambienti eterogenei, che qui trovano le condizioni migliori per compiere a stretto contatto il loro ciclo biologico.
E’ essenziale quindi che i castagneti sopravvivano per il loro valore economico, produzione che trae origine da una tradizione e una cultura più che millenaria, perché si tratta di una forma colturale “biologica” ante litteram, per il loro significato paesaggistico, ma anche per il valore naturalistico, di cui la componente floristica è componente di tutto rilievo.

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